A differenza di altri trattamenti oncologici, l’immunoterapia non agisce direttamente sul tumore, ma attiva il sistema immunitario del paziente, stimolandolo ad utilizzare nei confronti delle cellule tumorali gli stessi meccanismi di difesa che normalmente mette in atto contro le infezioni da virus e batteri.
Il sistema immunitario viene regolato tramite dei sistemi di attivazione e spegnimento chiamati checkpoint, tra cui il PD-1/PD-L1 e il CTLA-4.
Nonostante il corpo del paziente riconosca le cellule tumorali come estranee scatenando un attacco da parte dei linfociti T, le cellule tumorali mutate riescono a sfuggire al sistema immunitario eludendo i meccanismi di riconoscimento e sfruttando proprio questo meccanismo di autoregolazione basato sui checkpoint.
I farmaci immunologici anti-PD1, anti-PDL1 e anti-CTLA4 sono in grado di interferire con i checkpoint, ripristinando l’attività antitumorale delle cellule T. I farmaci inibitori dei checkpoint immunitari scatenano le difese immunitarie per eliminare il tumore.
Al momento due farmaci sono stati testati in combinazione nei pazienti con mesotelioma, nivolumab e ipilimumab. Ad oggi l’utilizzo di questi farmaci non è ancora approvato dall’ente regolatorio italiano del farmaco AIFA, ma in casi selezionati è possibile richiederne l’utilizzo all’azienda.

L’immunoterapia nel mesotelioma
Uno studio di fase 3, lo studio CA 743, ha confrontato l’efficacia della combinazione di nivolumab con ipilimumab rispetto alla chemioterapia con platino e pemetrexed.
Nivolumab è un inibitore di PD-1, ipilimumab è un inibitore di CTLA-4. L’end point principale dello studio era dimostrare la superiorità di nivolumab + ipilimumab rispetto alla chemioterapia in pazienti che non avevano ricevuto alcun trattamento.
Sono stati arruolati 713 pazienti e randomizzati tra i 2 gruppi. Il 75% dei pazienti arruolati aveva un’istologia epitelioide. I risultati hanno dimostrato il netto vantaggio della combinazione di nivolumab + ipilimumab verso la chemioterapia in termini di sopravvivenza globale (18 verso 14 mesi). Il vantaggio è stato maggiore soprattutto nei pazienti con istologia non epitelioide.
Inoltre, una percentuale maggiore di pazienti sottoposti a immunoterapia proseguiva il trattamento a 2 anni rispetto a quelli sottoposti a chemioterapia.
Ad oggi questa combinazione in Italia non è ancora rimborsata con il servizio sanitario nazionale, ma verosimilmente lo diventerà a breve.
IRCCS Istituto di Candiolo, Torino